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Storicamente il riso é stato uno dei piatti poveri, insieme, per esempio, alla polenta, oppure, tra tanti altri, alle lenticchie. Tuttavia, da un tempo, queste si offrono nei ristoranti a prezzo di salmone, dunque molto probabilmente succederà ugualmente con il riso che, per moda o per carestia, pagheremo un giorno a valore d’oro. Intanto, quindi, approffitiamone! Nel mio caso, come lei ben sa, scelgo le opzioni più salutari degli ingredienti che uso in cucina; riguardo al riso preferisco le forme integrali che non subiscono il processo di raffinazione e conservano intatta la crusca e la fibra presenti all’interno.
Oggi preparerò un riso abbastanza speciale, perché l’occasione lo merita: il riso nero selvatico, di origine canadese, che non è proprio un riso però si ricava dal seme di una pianta acquatica che appartiene alla stessa famiglia.
E’ più ricco di proteine rispetto agli altri risi e in esso si trovano notevoli quantità di calcio, magnesio, potassio, fosforo e zinco. I semi appena raccolti sono di colore marrone e contengono ancora dosi elevate di acqua, perciò vengono essiccati a fuoco di legna. Durante questa fase il riso acquisisce tutte le caratteristiche aromatiche ed il classico colore nero.
Il riso nero selvatico è più costoso degli altri, mi dirà lei; lo so. Interamente di produzione biologica, le chiedo la cortesia di analizzare la relazione fra quello che investe nella sua salute acquistando prodotti buoni, e quello che deve pagare poi per curare le malattie causate da un’alimentazione erronea.
Sulla RAI, poco tempo fa, ho guardato un programma che subito mi ha colpito e ha succitato in me il desiderio inmediato di scrivere qualche parola sulle protagoniste che sono state, e lo sono ancora, donne di coraggio esemplare. A loro il riso nero, saporito, con i fagioli e le verdure di tutti i colori, un riso “benestante”, un “signore riso”; a loro, che sono soppravvissute alle mille difficoltà del lavoro della monda e le condizioni di subalternità della donna nella società contadina d’allora.
Per chi, come me, non aveva conoscenza del lavoro della monda –molto diffuso nell’Italia settentrionale tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo– esso consisteva nello stare per intere giornate con l’acqua fino alle ginocchia, a piedi nudi e con la schiena curva per togliere le erbacce infestanti che crescevano nelle risaie disturbando la crescita delle piantine di riso. Si trattava di un lavoro molto faticoso, praticato da persone provenienti in genere dall’Emilia-Romagna, dal Veneto e dalla Lombardia, che offrivano la propria manodopera soprattutto nelle risaie delle province di Vercelli, Novara e Pavia.
Le condizioni di lavoro erano pessime: l’orario era pesante e la retribuzione delle donne era molto inferiore a quella degli uomini. Dormivano in grandi cameroni, vivevano come in caserma, restavano a lavorare per quaranta giorni. Erano quasi tutte ragazzine, allora. Alcune, di soli tredici anni, partivano per la prima volta, spensierate, con trepidante senso di avventura, utilizzando il nome di una sorella maggiore (ma la paga era sempre da ragazòla fino ai quindici anni); le salutava il pianto materno. Le altre partivano e basta.
Il programma della Rai mostrava il coro delle mondine di Novi, costituito in parte da “vere mondariso”, la cui età si avvicina a, ed in alcuni casi supera, gli 80, e da figlie e nipoti di mondine e donne che amano le tradizioni popolari e si impegnano affinché nulla di tutto ciò vada perduto.
Hanno un loro sito web www.mondinedinovi.it, un film documentario che le vede protagoniste (“Di madre in figlia” di Andrea Zimbelli), tour in Canada e Stati Uniti e persino incursioni nella musica elettronica! “Si cantava perché venisse la sera, la vita della mondina era dura, quando si sentivano le rane e i grilli e si pensava a casa, ai figli, al marito, ai fidanzati, allora era dura, era dura…».
Alla fine degli anni ’60, di ritorno da una gita sociale, un gruppo di donne comincia a cantare in fondo al pullman, amiche da sempre, prima e dopo l’esperienza della risaia, ricordando le strofette di allora. C’era anche il maestro di musica Gilioli, marito di una di loro, che sentendo il bell’effetto che faceva questo piccolo coro spontaneo ha subito pensato che poteva essere una bella idea riunire tutti coloro che a Novi avevano voglia di cantare. E così è nata la Corale Novese, e grazie alla loro passione questa avventura dura ormai da più di 40 anni.
A loro, quindi, questo riso. Un riso saporito, colorito, abbondante, per risarcire quel riso triste delle serate in risaia, di cui, addiritura, una buona parte era guasta. A loro il mio affetto, la mia commozione, il mio infinito rispetto.
La monda, per tutte, è stata così: una cosa da ricordare, ma anche da dimenticare.
Riso e mix di fagioli con insalata di germogli, pomodorini e olive nere greche
Ingredienti: (per 4 persone)
1 tazza di riso selvatico nero
¾ tazza di mix di riso integrale e fagioli
(borlotti, nero, lima grandi, lima piccoli, rosi scuri)
piselli e anche semi di lino
2 foglie di alloro
5 coste di sedano
2 cipolle bianche
2 peperoni
sale marino e pepe q.b
olio d’oliva extra vergine q.b.
Per l’insalata:
200 g di mix di germogli ***
250 g di pomodorini
80 g di olive nere greche
olio d’oliva, zucco di limone, sale e pepe per condire
Preparazione:
Sciacquare il riso nero e i fagioli, metterli in una ciotola e coprirli con abbondante acqua fredda, lasciandoli a bagno per tutta la notte. Il mattino dopo, scolarli e buttare l’acqua di ammollo, ricoprirli ancora d’acqua e cuocerli a fuoco lento con le foglie d’alloro per circa 40 minuti fino a quando il riso e i fagioli saranno teneri. Scolarli e metterli da parte.
Tagliare a brunoise le cipolle, le coste di sedano e il peperone. Scaldare l’olio d’oliva in una casseruola e mettere le verdure tagliate.
Aggiungere il sale e il pepe e farle rosolare fino a quando saranno cotte però conservino ancora il loro colore intenso. Unire il mix di risi e fagioli, cuocere per 3-5 minuti, o quando la preparazione diventerà omogenea. Regolare il sale e il pepe e servire.Per l’insalata:
Snocciolare le olive e tagliarle a pezzeti. Tagliare i pomodorini a rotelle. Mescolarle con i germogli e condire con dell’olio d’oliva, succo di limone, sale e pepe.
*** I germogli sono alimenti molto benefici per la nostra salute perché sono una vera miniera di vitamine come la A, la B e la K e Sali minerali come calcio, ferro e rame; questi speciali alimenti sono un’importante fonte di clorofilla ma anche di oligoelementi e di proteine. Sono tantissime le varietà di germogli che possono venire consumati quotidianamente, oltre a quelli di soia, che sono i più conosciuti, esistono almeno altri 40 tipi di germogli integrabili nella dieta umana. In questa ricetta ho usato un mix di germogli di ravanello e di alfalfa. Sono ideali per preparare fresche insalate, per arricchire zuppe e minestre e vengono impiegati anche per i dessert!
Marisa Bergamasco
(Affezionata alla scrittura, alla buona cucina, al mangiare bene e ai buoni e grandi affetti, agente di viaggi di professione, sognatrice di vocazione, per sempre…)